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giovedì 28 aprile 2016

AUGH, STELLA CADENTE. Testi teatrali





AUGH, STELLA CADENTE

Adattamento dall’omonimo libro di Ursula Wolfel



 


PERSONAGGI

Narratore, Stella cadente, Uccello sull’erba, Acqua limpida, Luna che illumina il sentiero, Indiana, Indiano, Puledro Grigio, Buon Cacciatore, Cervo veloce, Grande Roccia, Occhio sapiente, 2 uomini bianchi, Dottor Christoph, 2 indiani

ATTO PRIMO

Narratore: Ciò che viene narrato in questa storia potrebbe essere accaduto circa 100 anni fa. Allora non vivevano più molti indiani nel Nord America. La maggior parte di loro era stata uccisa nelle battaglie contro i coloni bianchi. Solo alla frontiera nord-occidentale fra il Canada e gli Stati Uniti d'America c'era ancora una vasta zona in cui i bianchi erano la minoranza. Là vivevano le ultime tribù di indiani liberi.
Fra queste c'era la grande tribù dei Piedi Neri.
Qui si racconta di loro.

Balletto intorno al fuoco sulla musica BUFFALO MOON tratto dal cd  “NAZCA, Indians, songs, nature dreams”

Narratore: Stella C si stava annoiando davanti alla tenda di suo padre. Egli aveva provato a seguire i ragazzi grandi ma lo avevano rifiutato perchè lo consideravano ancora piccolo. Davanti a lui i piccoli della tribù stavano giocando.

Uccello Sull'Erba: "Come mai sei così arrabbiato? Non vuoi giocare con noi?" Acqua Limpida:"Dai, Stella Cadente, gioca con noi! Sei così triste! Cosa ti è successo?" Stella C: " Non mi va di fare i vostri giochi. " Uccello Sull'Erba: "Ecco che arriva Luna Che Illumina Il Sentiero, la mamma di Stella C." Luna C.:"Perchè non giochi con gli altri bambini?" Stella C. "Sono grande, anche se... i ragazzi grandi non mi vogliono con loro." Luna C: "Hai chiesto a tuo fratello Puledro Grigio?" Stella C:" Si, ma è stato inutile."

Luna C: "Piccolo mio, vedrai che presto le cose cambieranno. Aspetta e vedrai." Narratore: La mamma di Stella C. tornò alle sue occupazioni, i bambini ripresero a giocare tra loro, mentre Stella C si mise a scrutare l'orizzonte. Improvvisamente vide qualcosa... Stella C. si alza in piedi, guarda lontano e grida:"Stanno tornando gli uomini dalla caccia! Correte, stanno arrivando i nostri padri dalla caccia!! Sono stato io a vederli per primo!!" Indiana: "Cosa succede?" Luna C:"I nostri uomini stanno tornando dalla caccia: speriamo che siano riusciti a trovare i bufali." Narratore: Ma le cose non erano andate bene nemmeno questa volta: di bufali nemmeno l'ombra.Nessuno mangiò a sufficienza e tutti andarono a dormire con la fame. Gli uomini, quella sera, davanti al fuoco parlarono tra di loro. Dissero che la colpa era dell'uomo bianco. Nel buio della sua tenda Stella Cadente sentì tutto. Narratore: Il giorno dopo. Indiano: "Sveglia! Sveglia! (girando per le tende) Sveglia!..... Stella C: "Perchè madre, ci stiamo alzando così presto?" Luna C:"Perchè oggi è un grande giorno" Puledro G:"Certo, fratellino, ti sei scordato che oggi dobbiamo smontare le tende?" Luna C:"Dobbiamo andarcene da qui. Non c'è più cibo per noi" Puledro G:"Stasera arriveremo sulle rive del grande lago. Là vivremo bene. Ci saranno tanti pesci da prendere. Su alziamoci e smontiamo le tende." Narratore: Tutti si dettero daffare e in poco tempo l'accampamento non esisteva più. Luna Che Illumina Il Sentiero aveva sistemato le sue cose sulla lettiga legata ad un cavallo, lasciando lo spazio per far sedere Stella C. Stella C: "No, mamma. Io non voglio viaggiare come un piccolo. Voglio cavalcare. Buon Cacciatore:" Figlio mio, sei sicuro di quello che dici?" Stella C:"Certo" Buon C:"Bene, ecco allora un cavallo per te. Salici sopra, se ti riesce." (Stella C. prova a salirci e ci riesce al secondo tentativo.) Buon C.:"Bene,e adesso VAI! (Dà un colpo al cavallo che parte impazzito). Stella C.:"AIUTO! Fermati, torna indietro.....AIUTOOO!" (Cade per terra. Piange. Arriva il padre) Buon C:"Bene, sai cavalcare. Risali sul cavallo. E' tuo. Puoi scegliere il nome da dargli." Stella C:"Lo chiamerò BRUNO ORIZZONTE" Buon C:"E' un buon nome per un cavallo." Narratore: Tornarono all'accampamento. Tutti applaudivano Stella C perchè aveva un cavallo tutto suo e poteva fare il viaggio cavalcando. Quella sera arrivarono sulle rive del lago pescoso.

ATTO SECONDO

 Narratore: La mattina presto Puledro Grigio svegliò Stella Cadente. Puledro: "Svegliati Stella Cadente, vieni a nuotare con noi al lago?" Stella C.:"Ma io non so nuotare! Io ho ancora sonno ed è presto!" Narratore: Forse Stella Cadente aveva paura perchè sapeva che andare al lago con i ragazzi grandi significava diventare un ragazzo grande. Alla fine, però, Stella Cadente si alzò e andò con i grandi al lago. Cervo V: "Facciamo una gara a chi arriva primo al lago!" Narratore: Vinse come sempre Cervo Veloce. Arrivati al lago tutti si tuffarono in acqua, tranne Stella Cadente che rimase abbracciato ad un albero. Grande Roccia:"Vieni,Stella Cadente! Hai paura?" Puledro Grigio (avvicinandosi a Stella):"Tuffati immediatamente. Non farmi fare una brutta figura. Tutti diranno che mio fratello ha paura dell'acqua." Stella: "Ma io non so nuotare: ho paura!! Spingimi tu!" Puledro G:"No, non vale così!....... Dai, dammi la mano, buttiamoci insieme..." Narratore: I due fratelli si tuffarono, ma in acqua Puledro Grigio lasciò la mano di Stella Cadente. Stella C."Aiuto! Aiuto!!" Grande Roccia: "Ti verrò a salvare io" Narratore: Usciti dall'acqua i ragazzi presero dei rami degli alberi per tirarseli sulle schiene in segno di resistenza al dolore e di coraggio. Stella: "Tieni, Puledro Grigio. Picchiami con questo ramo di pino." Puledro: "Ma ti farai troppo male con gli aghi di pino." Stella: "Avanti picchia. Più forte. Più forte. Più forte." Puledro: "Adesso basta" Altri indiani: "Adesso sappiamo che Stella Cadente è grande e coraggioso." Narratore: Tornarono all'accampamento. Buon Cacciatore, padre di Stella Cadente, fu informato di quanto era accaduto. Buon Cacciatore: "Bravo, figlio mio. Sei un uomo ormai." Stella C: "No, padre. Grazie ma non è così: io ho avuto paura." Buon C: "Anche gli uomini  grandi hanno paura, a volte." Luna Che Illumina il Sentiero: " Stella Cadente, figlio mio. Tieni! Ti regalo questa canna da pesca." Stella C: "Oh mamma, è bellissima. Vedrai, prenderò tantissimi pesci. Dammi la bisaccia più grande che hai perchè io la riempirò." Luna: " (ridendo) Tieni, piccolo grande uomo". Narratore: Mentre andava al lago, Stella C incontrò i bambini piccoli che stavano costruendo una diga per giocare. Egli si fermò e li aiutò: lui era abile in quelle cose.

Poi fece il giro del lago alla ricerca di suo fratello. Voleva pescare con lui. Vide gli uomini che prendevano i pesci con le lance e si fermò ad osservarli. Quando finalmente trovò Puledro Grigio e Grande Roccia che pescavano, era già molto tardi. Si sedette tra loro, ma non riusciva a stare fermo: le mosche, le zanzare.... Grande Roccia: "Da quando è arrivato tuo fratello non abbiamo preso più nemmeno un pesce: li fa scappare tutti!" Puledro G: "Scusalo: è la prima volta che viene a pescare. Adesso si è fatto tardi. Andiamo via. StellaC: "Ma non ho preso ancora niente!" Grande Roccia: "Tieni, Stella Cadente, questo pesce è tuo." Narratore: Stella C prese il pesce e lo mise nella bisaccia vuota. Ma arrivato alla sua tenda: Luna C: "Allora, come è andata?" Stella C: "Male, non ho preso niente. Questo pesce me lo hanno regalato." Luna C: "Sei proprio un tesoro."

ATTO TERZO

Narratore: "Stella C è rimasto solo al villaggio. Invece i grandi sono andati a cacciare i bufali. Mentre cammina incontra il suo vecchio amico Uccello sull'Erba. Stella C: "Augh, ti piacerebbe diventare un grande?" Uccello: "Certamente" Stella: "Però devi saper sopportare il dolore ed essere coraggioso." Uccello: "Questo non è un problema." Narratore: Uccello sull'Erba prende un tizzone ardente fino a che non gli si forma una vescica sulla mano. Stella C.: "Bravo, hai dimostrato di essere coraggioso. Allora domani mattina ti porterò al lago per fare il bagno. E' così che si diventa grandi." Uccello: "Ma gli altri sono d'accordo? Cosa dicono Puledro Grigio, Grande Roccia, Cervo Veloce e gli altri?" Stella C: "Non ti preoccupare. Io sono grande e posso decidere da solo. E poi sono arrabbiato con loro. Mi trattano poco bene perchè sono il più piccolo dei grandi..." Narratore: Il mattino seguente Stella C va a chiamare il suo amico che però era già sveglio. Stella: "Nasconditi dietro alla mia tenda. Quando gli altri saranno più lontani,  potremo correre fino alla riva del lago e nuotare. Via , adesso!......... Tuffiamoci!" Uccello: "Aiuto, aiuto! Non so nuotare! AIUTO!!"

Grande R: "Che succede? Stella C non sa più nuotare?" Stella C: "No, aiuto. Uccello sull'Erba sta annegando..." Puledro G: "Uccello sull'Erba? Ma che ci fa qui?" Narratore: I ragazzi salvarono Uccello sull'Erba. Poi vollero delle spiegazioni. Stella: "Punite solo me. Sono stato io a farlo venire." Uccello: "No, punite solo me: io ho insistito per venire." Puledro: "Puniremo entrambi. Sciocchi che non siete altro! Potevate affogare." Narratore: Dopo la punizione, però, tutti furono d'accordo nel riconoscere il coraggio di entrambi e accettarono anche Uccello sull'Erba tra i ragazzi grandi. Stella Cadente era contento: il suo amico era di nuovo con lui e adesso non era più il piccolo dei grandi.

ATTO QUARTO

Stella C. "Le nostre madri oggi sono andate a cercare bacche per mangiare. La carne seccata sta ormai per finire e non abbiamo più incontrato mandrie di bufali per avere nuova carne. Ho sentito mio padre che diceva che questo inverno dovremo scavare molte fosse perchè molti indiani moriranno di fame. Diceva che è tutta colpa dell'uomo bianco. Tu sai qualcosa?" Uccello sull'Erba: "No, non so niente." Stella: "Andiamo da Occhio Sapiente, lo stregone del nostro villaggio. Lui sicuramente saprà spiegarci cosa sta succedendo." Narratore: I due bambini si recano dallo stregone. Egli era seduto davanti alla sua tenda. Incuteva timore. Uccello: "Io tornerei indietro...." Occhio Sapiente: "Volete dirmi qualcosa? Venite avanti. Non dovete avere paura." Stella: "Sì, dobbiamo parlarti dell'uomo bianco." Occhio S: "Vi racconterò tutto quello che volete sapere." Stella C.:"Perchè l'uomo bianco ci ha preso i bufali? Perchè è cattivo con noi? Occhio S.:"Ci sono uomini bianchi buoni e uomini bianchi cattivi. Gli uomini bianchi hanno costruito strade di ferro con carri di fuoco. I bufali hanno paura di queste cose. E' per questo che i bufali stanno scappando sempre più lontano. L'uomo bianco non sa che questa terra è nostra e che i bufali sono nostri. Ho detto. Stella C.:"Perchè nessuno glielo dice?" Occhio Sapiente: "Ho detto." Narratore: "Occhio Sapiente fece un inchino ai ragazzi e rientrò nella sua tenda. Stella C. "Vieni, Uccello sull'Erba, torniamo alla nostra tenda. Cosa pensi tu di questa storia?" Uccello: "Non saprei, è una brutta storia". Stella : "Domani io partirò per andare dall'uomo bianco. Vuoi venire con me?" Uccello: "NO, non puoi, i grandi non vogliono. Non ci daranno mai il permesso!" Stella C: "Bene, allora io andò da solo se tu non vuoi venire." Uccello: "I grandi si preoccuperanno, chissà cosa ci faranno gli uomini bianchi: forse ci faranno prigionieri!" Stella: "Non avere paura! Se noi andremo dall'uomo bianco diventeremo famosi." Uccello: "Va bene, verrò con te. Ma solo perchè sono il tuo fratello-amico." Narratore: Il mattino seguente Stella C e Uccello Sull'Erba non si fecero sentire dal resto del villaggio, presero i loro cavalli e se ne andarono. Ad un certo punto i cavalli si fermarono. Stella C.: "C'è qualcosa che luccica nel terreno." Uccello: "E' il sentiero di ferro." Stella:"Seguiamolo, ci porterà direttamente dall'uomo bianco." Uccello: "Ho paura, torniamo indietro". Stella: "No, siamo arrivati fin qui e non possiamo tornare indietro." Narratore: Così i due bambini si fecero coraggio e proseguirono. Ad un certo punto videro un grande ponte. Stella: "Quello è un ponte dell'uomo bianco. Ci siamo." Narratore: Il sentiero era lungo e in salita. I due indiani decisero di far riposare un pò i cavalli. Faceva freddo e avevano fame: non mangiavano dalla sera prima. Quando ripresero il viaggio erano riposati ma ancora affamati. Stella: "Che strane tende di legno e pietra. Uccello: "Sono le tende dell'uomo bianco". Stella: "Ma hanno il fuoco dentro le tende! Narratore: In quel momento un uomo li vide. Rimase un momento a guardare i due indiani e poi scomparve dentro una di quelle strane tende. Dopo poco uscirono altri uomini: in mano avevano dei fucili. Quando videro che si trattava di bambini essi si misero a ridere. Stella C: "Augh, uomo bianco. Io sono Stella Cadente, figlio di Buon Cacciatore e di Luna che Illumina Il Sentiero." Uomini bianchi: "Che buffi questi bambini, ha ha. Ma cosa vogliono da noi? Ha Ha." Uccello: "Andiamo via, questi sanno soltanto ridere... Narratore: Si fece largo un uomo alto che disse: Dottor Christoph: "Augh, piccoli indiani. Io sono il dottor Christoph e conosco la vostra lingua Stella: "Per fortuna. Siamo due indiani della tribù dei Piedi Neri e siamo venuti per chiedervi una cosa. I bufali e queste terre sono nostri. Dovete andare via di qui e lasciarci vivere in pace." Dottor C: "Venite nella mia casa e potremo parlare con calma." Narratore: Il Dottore li ospitò nella sua casa e parlò a lungo con loro. Essi videro cose mai viste prima:le finestre, il tavolo, le sedie e altro ancora. Ma soprattutto li colpì la scrittura: segni magici che potevano fermare il pensiero. Poi il Dottore cominciò il suo triste racconto. Dottore: "Mi dispiace, bambini. Sono triste per il vostro popolo. Conosco Occhio Sapiente e Bufalo che Canta e so che sono bravi indiani. Ma quello che sto per dirvi è molto triste. Tanti  indiani sono stati uccisi. Molte tribù non ci sono più e la vostra terra appartiene già agli uomini bianchi da molti anni. Bufalo che Canta ha dato la sua parola che vuole vivere in pace con loro e in cambio i bianchi hanno promesso che non vi attaccheranno. Ma ormai l'uomo bianco è dappertutto e le città avanzano nella prateria. Gli indiani dovranno presto imparare a vivere con l'uomo bianco."
Narratore: Questo e tante altre cose raccontò loro il Dottor Christoph. Poi li fece mangiare e riposare alla maniera degli indiani, per non offendere le loro usanze. La sera tutti gli uomini bianchi cantarono per loro intorno al fuoco. Anche i due bambini fecero sentire i canti che conoscevano. La mattina dopo li svegliò e dette loro uno strano disegno: era una mappa che indicava il percorso da seguire per trovare dei bufali. Adesso dovevano tornare al loro accampamento e portare il disegno magico al loro capo. Stella:"Grazie, grande uomo bianco. Tu sei buono." Dottore: "Vi indico la strada più corta. Che il grande spirito vi protegga." Stella e Uccello: "Che il grande spirito protegga te." Narratore: A sera arrivarono al villaggio. Tutti accorsero a salutarli. Mamma Castoro e Luna che Illumina Il Sentiero abbracciarono i loro figli. Si erano molto preoccupate, ma non credevano alle loro orecchie quando seppero che i piccoli indiani erano stati dall'uomo bianco. Buon Cacciatore: "Le vostre madri hanno pianto per voi. Siete in punizione." Stella "Prima però, dobbiamo dare questo messaggio magico a Occhio Sapiente da parte del Dottor Christoph. Occhio S:"E' un mio amico. Di lui ci si può fidare. Domani partiremo per seguire il suo consiglio.

ATTO QUINTO

Indiani: "Non siamo d'accordo, non dobbiamo fidarci dell'uomo bianco: lui è cattivo. Occhio: "No, dobbiamo fidarci. Narratore. La mattina seguente partirono per seguire le indicazione della mappa. Bufalo che Canta:"Mandate delle vedette. Narratore: "Passarono i giorni e le vedette non tornavano. Gli indiani cominciavano a dubitare e Stella Cadente e Uccello sull'Erba stavano sempre con lo sguardo rivolto all'orizzonte. Finalmente un giorno: Indiano: "Tornano, le vedette stanno tornando!" Vedetta:"Bufali, tanti bufali grassi!" Tutti: "Evviva, siamo salvi!!"

FINALE

Narratore: Stella C aveva dieci anni quando le ultime tribù di indiani furono costrette ad abbandonare la libera vita dei nomadi. Non riuscivano più a trovare branchi di bufali per nutrirsi. Il governo del Canada e il governo degli Stati Uniti d'America volevano proteggere gli ultimi indiani. Conclusero alcuni trattati e assegnarono loro dei territori protetti: le riserve. A partire da quel momento gli indiani dovevano restare lì. Non potevano più vagare qua e là ma dovevano vivere in villaggi e coltivare campi, allevare bestiame e imparare nuovi mestieri. Tutto ciò fu molto difficile per gli indiani più vecchi. Molti di loro vissero in grande povertà e non poterono dimenticare la vita libera di un tempo. Essi non volevano diventare come i bianchi. I bambini indiani poterono andare a scuola. Anche Stella C e Uccello sull'Erba impararono a leggere e a scrivere. Le lettere sui libri non erano più segni magici per loro. Uccello s. diventò maestro di scuola per bambini indiani e Stella C diventò allevatore di cavalli. Impararono a vivere come i bianchi, ma non dimenticarono che, ancora bambini, avevano vagato nella prateria libera e selvaggia e avevano cacciato i bufali con i loro padri.

Musica di sottofondo MAY IT BE tratto dal cd “NAZCA, indian, songs, nature, dreams”

lunedì 18 aprile 2016

Testi teatrali



ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE




P E R S O N A G G I:


ALICE, CONIGLIO, TOPO, OCA, TACCHINO, RANA, PAPPAGALLO, UCCELLO, LUCERTOLA, ORSACCHIOTTO, LEPROTTO, ALBERO, ALBERO2, FUNGO, FUNGO 2, CESPUGLIO, CESPUGLIO 2, BRUCO, GATTO, PESCE, DUCHESSA, CUOCA, CARTE N° 6, REGINA, RE, GRIFONE, TARTARUGA 1, TARTARUGA 2, CAPPELLAIO, LEPRE DI MARZO, GIARDINIERE 2, GIARDINIERE 5, GIARDINIERE 7, FANTE

Prima Parte Narratore: (voce registrata fuori campo. Sottofondo musicale) Alice era seduta sulla riva di un fiume e leggeva un libro di fiabe; ad un tratto vide un Coniglio bianco, con gli occhi rossi, vestito di tutto, punto correre agitatissimo: “Povero me” esclamò il coniglio “povero me, sono in ritardo!” Per Alice era una cosa naturale vedere correre conigli per i prati: la cosa che la meravigliò fu il sentirlo parlare. Alice si alzò e cominciò a correre dietro al coniglio che la condusse dietro dei rovi che ospitavano la conigliera.
Un istante dopo, sempre correndo dietro al Coniglio s’infilò in uno dei buchi della conigliera. Alice scivolava giù correndogli appresso, senza pensare a come avrebbe fatto poi ad uscire da quella buca che sprofondava come un pozzo senza fine. Mentre Alice scivolava giù, al buio, stranamente riusciva a vedere con chiarezza le pareti del pozzo, che erano tutte ricoperte di scaffali con tanti libri colorati, quadri bellissimi e mappe di tesori fantastici. Arrivata in fondo a quel viaggio, che durò moltissimo, Alice disse.....
Alice:  Bene! Dopo una caduta come questa, se mai mi accadrà di ruzzolare per le scale di casa, mi sembrerà meno che nulla; anche a cader dal letto non mi farebbe nessun effetto! Ma dove sono?… e quello è il coniglio che stavo rincorrendo.



Coniglio: Perdinci! Veramente ho fatto tardi. (Alice tenta di fermarlo. Il coniglio, dopo aver fatto velocemente un giro o due intorno ad Alice, s’infila in una delle porte di cui la scena è piena)
Alice:  Ma dove è andato? Che posto strano! Quante porte!… (prova ad aprire le porte)  Tutte chiuse? Qui c’è un tavolo, vediamo. E questa piccolissima chiave che cosa aprirà? ( si guarda intorno) Ma è troppo piccola perché apra queste porte! Vediamo un po’ meglio. Se c’è la chiave, deve pur esserci anche una serratura da aprire. Ma guarda un po’ che porticina piccola che c’è qui, non l’avevo neppure vista. Senza dubbio la chiave apre questa porta.(Mette la chiave nella serratura ed apre la piccolissima porticina) E’ talmente piccola che non posso passare, vediamo se riesco a scoprire cosa c’è dall’altra parte! (è costretta a sdraiarsi per terra per guardare cosa c’è dentro la porticina)
Ohhhh. Bello! Che bel giardino tutto fiorito, e quanti uccelli, ma non posso andare di là.
Proviamo ad aprire una di queste porte grandi; niente, non c’è niente da fare.
Ma cosa c’è ancora qui sopra il tavolo, una bottiglietta e c’è scritto qualcosa: (legge sulla bottiglina) Bevimi e vedrai! (Alice beve) Ed ora cosa succede? Chi è tutta questa gente?
(Come per incanto tutte le porte che sono in quel luogo si spalancano e cominciano ad entrare animali)
Topo: Io sono il topo, tu chi sei? Alice:  Alice!

Oca:  Io sono un oca, che ci fai tu qui?
Alice: Non so! Tacchino: Ma guarda che animale strano abbiamo incontrato!
Alice: Non sono un animale, sono una bambina!         
Rana: Cra, cra, cra, indovina un po’ chi sono?           
Alice: Una rana!           
Pappagallo: Tu chi sei? Tu chi sei? Tu chi sei?     
Alice: Sono Alice, l’ho già detto all’altro signore!            
Uccello: Cip cip cip…son l’uccellino…cip cip cip!       
Lucertola: (vestita come un damerino) Potrei sembrare una lucertola ed invece sai chi sono? Ah..ah..aah.. Alice: Direi… una lucertola!          
Orsacchiotto:  Brava, non farti confondere! Io sono l’orso     
Leprotto: Dunque tu saresti una bambina? Ma che bella bambina!         
(tutti si mettono in cerchio, quasi minacciosi verso Alice, il Coniglio bianco corre da uno all’altro degli animali confabulando)            
Coro degli animali ed eventuale piccola coreografia         
La piccola Alice caduta quaggiù            
Non sa cosa far per tornarsene su      
Restare se vuole può con gli animali  girare e girare a lungo i viali   cercare e trovare può la giusta via   ma solo se studia un po’ geografia   
La piccola Alice caduta quaggiù non sa cosa far per tornarsene su
Coniglio: (rivolgendosi, velocemente agli animali)
Vai dalla Duchessa! Anche tu, anche tu! (Rivolto ad Alice) e portagli questo ventaglio.
Alice: Hai parlato a me?        
Coniglio: Sicuro. Qui, tutti debbono fare qualche cosa. Povero me, sono indaffaratissimo, mi caricano d’incombenze. Su, bambina, prendi il ventaglio!            
Alice: Mi hai preso per la tua domestica?          
Animali: (tutti insieme meravigliati e delusi per la risposta di Alice) Ohhh!!! (scappano dalla scena) Lucertola: (rimane interdetta e mentre gli altri animali escono lei dice) Lo sai che questa tua risposta mi ha fatto tanto dispiacere? (esce)

Alice: (rimasta di nuovo sola si siede per terra)
Ma cosa vogliono tutti da me. Non so nemmeno dove sono, e tutti mi dicono delle cose strane! (Mentre dice fra se queste cose ecco che da una delle porte entra un topo)
E se provassi a parlare con questo topo? Non mi stupirei se mi rispondesse, quaggiù tutto è strano!… Senti topo, sai la via per uscire da qui?
(il topo la guarda con i suoi occhietti furbi, ma non risponde)
Forse parla un’altra lingua! Mah! Proviamo in un altro modo: C’è un gatto!
Topo: (facendo un gran salto) Aiuto! Aiuto!
Alice: Scusami, ma non sapevo come fare per farmi rispondere. Ho pensato che a te non piacciono i gatti!
Topo: Come mi possono piacere? Piacerebbero a te i gatti se tu fossi me?
Alice: Forse no! Ma non ti adirare, sai! Eppure, se ti facessi vedere Dina la mia gatta, te ne innamoreresti. E’ una bestia così tranquilla e bella. E poi fa così bene le fusa, quando si siede vicino a me e mi guarda, ed io l’accarezzo, è così soffice e soave e poi è sveltissima a chiappare i topi. (Il Topo s’intirizzisce) Oh scusa! Non ne parleremo più se ti fa dispiacere.
Topo: Già, è meglio che tu non parli. Come se fossi io a parlar di gatti. La mia famiglia ha sempre odiato i gatti; bestie zozze, volgari e basse! Non me li nominare più.
Alice: No, no! Dì, ti piacciono forse… ti piacciono… i cani? Sai, vicino a casa mia c’è un cane bellissimo, quando mi vede scodinzola, mi accompagna sempre quando vado a scuola e poi anche lui, pur essendo un cane è molto bravo a prendere i topi…(pausa) ahimè credo di averti offeso di nuovo.
Topo: (tutto tremante dall’ira) Ma non conosci animali che non mangiano i topi? (Esce)
Alice: Ti chiedo scusa di nuovo. Ma dove vai, aspetta.
(Le porte si riaprono di nuovo e lasciano passare una serie di personaggi che vanno a formare un boschetto. Due piante, alcuni funghi, qualche cespuglio e un bruco con una enorme pipa.)
Bruco: Lascialo andare quel topo, è anche scorbutico!
Coro delle piante:
Furietta disse al topo
Che avea sorpreso in casa:
Andiamo in tribunale.

Per farti processare.
Non voglio le tue scuse,
O topo scellerato.
Quest’oggi non ho niente
Nel mio villin da fare.  
Disse a Furietta il Topo: 
Ma come andare in Corte  
Senza giurati e giudici       
Sarebbe una vendetta!         
Sarò giurato e giudice,  
rispose allor Furietta,
e passerò soffiando, ahimè
la tua sentenza a morte. 
Bruco: (guardando Alice) Chi sei?
Alice: Sono Alice!
Bruco: Alice chi? Che cosa fai?  
Alice: Sono qui e non so che cosa faccio! 
Bruco: Qui ognuno di noi ha un incarico: io per esempio, guardo i funghi. 
Alice: Vedi, io non conosco questo luogo, né le abitudini dei suoi abitanti…
Bruco: Ti abituerai, ti abituerai. Se ascolti i miei consigli non avrai a pentirtene.
Alice: Ma io ascolterò con attenzione
Bruco: Vedrai che la Duchessa t’inviterà a prendere il tè, che il Coniglio bianco vorrà vestirti di foglie e che il Cappellaio matto pretenderà che tu gli cuocia i sassi.

Alice: Ma… non capisco cosa dici!
Bruco: Tu lasciali parlare e agitarsi e ascolta solo ciò che ti dirà la regina, la quale, poi, è una regina di carta. 
Alice: Ma… ma che cosa dici!    
Bruco: Dico la verità. Chiediamo alle piante del bosco. Come è la regina? 
Piante in coro
Ha ragione il verde bruco
La Regina è solo carta
Ha ragione il verde bruco
Non gli serve a lei la sarta.  
Bruco: Hai sentito? E’ proprio carta! Lei, invece, si crede importante…
Alice: Va bene, è di carta, ma è sempre la regina, perciò ci vuole rispetto.
(Il Bruco, con molta calma, guarda Alice, riprende la sua pipa e in silenzio si appoggia ad un fungo e riprende a fumare. Nel frattempo un gatto traversa, saltellando e ridendo. Alice l’osserva stupefatta)




Gatto: Che cosa ci trovi di strano? Non hai mai visto gatti ridere?  
Alice: Nulla… ti guardavo perché mi eri simpatico. E poi, perché ridi?  
Gatto: Io rido perché sono contento, ecco tutto.  
Alice: Bene, sono contenta che sei contento.
Coro piante
Anche noi siamo contenti
Anche se non siamo gatti
E mostriamo tutti i denti
E ridiamo come matti.
Alice: Vedi, signor gatto, siamo tutti contenti.
Gatto: Io sono contento perché il Cappellaio matto non riuscirà mai a farsi invitare dalla Duchessa, che a sua volta non riesce a farsi invitare dalla regina. Tutto qui.
Alice: Signor gatto, tu che sai tante cose, … non hai per caso visto un Coniglio bianco? Dopo tutto mi sembrava il più assennato della compagnia.
Gatto: Lo troverai in casa del Cappellaio. 
Alice: Il Cappellaio? Ma dove sta? 
Gatto: Da questa parte, abita il Cappellaio e da quest’altra parte, abita la Lepre di Marzo. Visita l’uno o l’altra, sono tutti e due matti. 
Alice:  Ma io non voglio andare fra i matti.  
Gatto:  Oh, non ne puoi fare a meno, qui siamo tutti matti. Io sono matto, tu sei matta.  
Alice: Come sai che io sono matta se ci siamo incontrati solo ora.   
Gatto: Tu sei matta, altrimenti non saresti venuta qui.
 Alice: Forse hai ragione, anche perché non riesco a capire i vostri ed i tuoi discorsi.
Gatto: Ci vedremo dalla Regina a giocare a croquet?
Alice: Ma, io non so! 
Gatto: Si! Si!…Ci vedremo là. Arrivederci a presto.





(Il Gatto se ne va) 
Alice: (rivolta alle piante) E voi che ne dite, siamo tutti matti per davvero?
Coro piante
Non dar retta agli animali
Siam noi piante a dire il vero
Noi vediamo senza occhiali
Conosciamo ogni mistero.
Alice: E allora ditemi voi dove sono e come faccio ad uscire da qua? (entra da una delle porte un pesce)
Pesce: Alice, Alice!
Alice: Chi è ora che mi chiama?
Pesce: Sono io, sono qua, ciao Alice!
Alice: Ciao, ma tu mi conosci, come mai?
Pesce: E’ una storia molto lunga…ma per farla corta ti dirò che mi ha parlato di te un mio amico che stava in casa tua dentro una vaschetta, e che poi tu hai buttato nel fiume.
Alice: Si, si! Mi ricordo, era Pasqualino il rosso pesciolino, ma non era una vaschetta, era un bell’acquario, grande, luminoso. Ma lo vedevo che non ci stava bene, ed allora lo rimisi nel fiume. Ma dimmi, ora dove è? Lo rivedrei volentieri.
Pesce: Non credo che lo potrai vedere, si è sposato ed è andato in un altro posto. So che si trova molto bene, ha preso in affitto uno stagno e ci abita con tutta la sua famiglia.
Alice: Sono contenta! Se lo rivedi salutamelo tanto.
Pesce: Certamente. Ma il motivo della mia uscita è per dirti che la Duchessa ti vuole vedere, gli dirò che sei qui ed ella ti raggiungerà. Preparati…(il pesce rientra dentro la porta)
Alice: Chissà come mi devo preparare, voi amiche piante sapete come mi devo mettere?
Coro piante
Prova a metterti a sedere, no no no!
Forse è meglio stare in piedi, no no no!
Ora fatti ricadere, no no no!
No, no è meglio se ti siedi. Si si si!
Alice: Ora basta, se do retta a voi, divento una trottola. L’aspetterò inchinata, l’ho visto fare nei film, sperando che arrivi alla svelta. (Mentre Alice si face tanti scrupoli per trovare una posizione rispettosa per la Contessa, lei fa irruzione urlando contro una sua cuoca)

Duchessa: E’ incredibile!!! Una cuoca!… rivolgersi così alla Duchessa…
Cuoca: Siete stata voi a cominciare, mi avete detto che l’insalata di foglie secche non era salata, e voi capite se un’insalata non è salata che insalata è?
Duchessa: Basta con questi giochetti. E’ vero, non sei buona a niente.
Cuoca: Allora preparateveli da voi i vostri cibi, i vostri piatti dietetici, le vostre insalate ...sciocchine! Io me ne vado. Arrivederci. (Consegna la pannuccia alla Duchessa ed esce)
Duchessa: Avete sentito, avete sen-ti-to!(come se non fosse successo niente, con una calma incredibile, consegnando la pannuccia ad Alice) Tu sei A…a… come ti chiami?
Alice: Alice.
Duchessa: Alice ecco brava. Preparati, ragazza mia, la Regina sta per arrivare, viene a trovare me e così potrà conoscere anche te.  
Pesce: La Regina da te?… La Regina non viene a trovare te, è di passaggio e tu l’hai saputo e subito vorresti approfittarne. 
Duchessa: Pesce pettegolo… 
Pesce: Quando arriverà la Regina e ti troverà qui, ti farà prendere dalle sue guardie. 
Duchessa: Se non fosse andata via la cuoca, ti farei mettere in pentola.
Alice: Povero pesciolino!…
Duchessa: Non credere al quel pesciaccio. La Regina passerà di qui proprio perché sa che qui ci sono io: la Duchessa, io sono un personaggio importante, sai!
Pesce: Ma che importante, se la Regina ti ha proibito di guardare persino i suoi fiori!
Duchessa: (urlando) Taci, pesce dispettoso! (Verso Alice) Presto, presto prepariamoci che la Regina sarà qui a momenti.
Coro delle piante
La Duchessa poverina
Sta aspettando la Regina
Ma non sa cosa gli tocca

Quando l’ora giusta scocca.
Soldati: (entrano a passo di marcia cantando o declamando;i soldati sono carte da gioco)
Noi siamo i soldati di cuori
Noi siamo i soldati di quadri
Noi siamo i soldati di picche
Noi siamo i soldati di fiori
Siamo qui con il sovrano
Noi siam qui con la Regina
Noi marciamo e andrem lontano
Sia di sera che di mattina
I soldati si schierano a semicerchio mentre fanno i loro ingresso, il Re, la Regina e il Fante. Come la Regina vede la Duchessa, rivolta alle guardie:
Regina: Guardie, gettatela in prigione.
Duchessa: Maestà, vi ho portato un animale raro, una bambina. E’ vostra! 
Regina: Oh! (leggermente ammansita) E’ proprio un bell’animaletto! 
Alice: Prego, io non sono un animale, ma una bambina; mi chiamo Alice, vado a scuola, so leggere e scrivere e recito poesie. 
Re: Ah! Dunque tu reciti le poesie, sentiamone una. 
Regina: Si, sentiamola.
Alice: Potrei recitarvi… la Vispa Teresa.
Regina: Potresti, o puoi?
Alice: Va bene, va bene. Niente polemiche!
La Vispa Teresa.           
Avea su una fetta
Di pane sorpresa
Gentile cornetta;
e tutta giuliva
a chiunque l’udiva
gridava a distesa:
-l’ho intesa, l’ho intesa!
Mi sono venute fuori queste parole, ma non sono quelle giuste, non so cosa mi succede. Scusate, non so!
Regina: Andiamo miei fidi, procediamo nel nostro viaggio, non possiamo perder tempo con queste cosette da nulla. Poi, qui non c’è necessità di tanta scienza. Dal momento che ti dimentichi le parole, potresti fare la guardia ai “Non ti scordar di me” che si dimenticano sempre di fiorire. Soldati, assegnatela a questo lavoro!
Duchessa: Non vi preoccupate, altezza, ci penso io.
Alice: (mentre il corteo regale si allontana) Insomma, (arrabbiata) non voglio restare in questo paese di matti, voglio andare via.
Duchessa: Su via, mia cara, non conviene adirarsi contro la Regina. Vieni con me. (Escono.)  
Coro delle piante
Sono usciti tutti quanti
Vuoto è tutto lo scenario
A noi resta qui davanti
Sol di chiudere il sipario.
Tra pochino ci vediamo
Per vedere l’altra parte
del racconto, ma ora andiamo
ritiriamoci in disparte.
Sipario (Fine prima parte).

Seconda parte
La scena è cambiata leggermente, sono rimaste alcune porte laterali.
Al centro di un loggiato il trono a due posti. Alice, in scena, seduta canta. Dall’altra parte 2 Tartarughe e un Grifone:
Alice: 
E trovarsi quaggiù che tristezza
Senza amici, né giochi da fare
Io mi trovo in questa grettezza
Per non piangere voglio cantare.
Non riuscire a capir che succede
Esser qui in un mondo assai strano
Muovo un braccio, la testa od un piede
In silenzio, oppur molto piano.
E mi trovo con strane presenze
Tutte intorno, a parlarmi di cose
Tutti emettono loro sentenze
Che mi pungon come spine di rose.
Alice, dopo la sua canzoncina, sta osservando una Tartaruga ed il Grifone che in una specie di ballo stanno facendosi strani inchini. Un’altra tartaruga sta piangendo da un’altra parte.
Grifone: Signora Tartaruga, vorreste danzare questo minuetto?
ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE – www.maestrasandra.it                                            11
Tartaruga 1: Ma certo Signor Grifone, non aspettavo altro che me lo chiedeste. Almeno smetterete di fare tutti codesti inchini.
Ballano un minuetto
Tartaruga 2: Oh, povera me! Oh, povera Tartaruga senza domani e senza speranza!
Alice: Perché è così disperata? (rivolta al Grifone)
Grifone: Perché vorrebbe correre e non può.
Alice: Povera Tartaruga!
Grifone: Figurati che ha scommesso con la Lepre – di cui è nota la velocità - che l’avrebbe battuta nella corsa dei trecento metri.
Alice: Come mai? E’ impazzita anche lei! Come può una tartaruga battere una lepre a corsa?
Grifone: Se la tartaruga perde, deve regalare alla Lepre il suo cappello.
Alice: Allora il male è poco!
Tartaruga 2: No! Il male è molto, perché il Cappellaio matto ha dichiarato che non me ne confezionerà un altro.
Alice: Ripeto, non mi sembra un guaio tanto serio?
Tartaruga 2: Ah, non ti sembra eh? Come farò a spostarmi senza cappello? E’ l’unico indumento che posso portare…
Alice: Hai una bella corazza…
Tartaruga 2: Già, ma quella è nata con me, mentre il cappello è il segno della mia distinzione. Ma ora sono stufa di piangere e voglio fare un ballo anch’io. Grifone, fammi ballare!
Mentre la Tartaruga e il Grifone ballando escono accompagnati dall’altra Tartaruga, appare da una porta il Cappellaio e dall’altra la Lepre di Marzo.
Cappellaio: Dovresti farti tagliare i capelli.
Alice:Tu non dovresti fare osservazioni personali, è sconveniente.
Lepre: Sarà sconveniente, ma sono lunghi.
                              
Alice: Ma voi chi siete per fare tutte queste osservazioni?
Cappellaio: Io sono Bill, il Cappellaio…
Lepre: Ed io sono La Lepre di Marzo.
Alice: Tanto piacere e arrivederci.( rimangono tutti li)
Cappellaio: (spalancando gli occhi e sorpreso per la risposta.) Perché un corvo assomiglia a uno scrittoio?
Alice: Ora si comincia con gli indovinelli!… Non lo so!
Lepre: Me lo immaginavo che non lo sapevi, capirai con quei capelli!
Alice: Ma che centrano i capelli?
Lepre: C’entrano, c’entrano!
Cappellaio: (Toglie dalla tasca un Orologio, lo guarda attentamente, lo porta all’orecchio, poi lo riguarda e domanda) Che giorno è oggi?
Alice: Oggi ne abbiamo quattro.
Cappellaio: (guardando di nuovo l’orologio) Sbaglia di due giorni! ( con disgusto verso la Lepre di Marzo) Te lo avevo detto che il burro avrebbe guastato il congegno.
Lepre: Il burro era ottimo.
Cappellaio: Si ma devono esserci entrate anche le molliche di pane.
Alice: (guardando l’orologio) Che strano orologio! Segna i giorni e non dice le ore.
Cappellaio: Perché? Forse il tuo orologio segna in che anno siamo?
Alice: No, ma l’orologio segna lo stesso anno per molto tempo.
Cappellaio: Quello che fa il mio. (Alice rimane molto confusa) Allora non hai ancora sciolto l’indovinello!
Alice: No! Ci rinunzio. Qual è la risposta?
Cappellaio: Non la so!
Alice: Credo che potresti fare qualcosa di meglio che perdere tempo, proponendo indovinelli senza senso.
Cappellaio: Se tu conoscessi il tempo come lo conosco io, non diresti che lo perdiamo. Domandaglielo.
Alice: Non capisco che cosa vuoi dire.
Cappellaio: Certo che non lo comprendi! Scommetto che tu non hai mai parlato col tempo?
Alice: Forse no, ma quando studio la musica devo battere il tempo.
Cappellaio: Adesso si spiega, il tempo non vuol esser battuto. Se tu fossi in buone relazioni con lui, potresti fare con gli orari quello che vuoi..
Lepre: Se cambiassimo discorso? Mi sto annoiando.
Cappellaio: Sarà meglio che rientriamo nelle nostre case. Anch’io mi sto annoiando.
Alice:  Arrivederci.(I due rientrano, e si sentono delle voci; entrano un po’ di carte con dei pennelli, della vernice e delle rose bianche in mano) E questi che fanno?
Giardiniere 2: Bada, cinque! Non mi schizzare la tua tinta addosso!
Giardiniere 5: Che vuoi da me? Stai attento sette, mi hai urtato il braccio.
Giardiniere 7: Va bene! Tu cinque dai sempre la colpa agli altri!
Giardiniere 5: Faresti meglio a tacere, proprio ieri la regina diceva, che meriteresti di essere strappato!
Giardiniere 2 : Perché?
Giardiniere 7: Questo non ti riguarda, due!
Giardiniere 5: Si, che lo riguarda… e glielo dirò io… perché ha portato al cuoco bulbi di tulipani invece delle cipolle. (Sette scaglia lontano il pennello con gesto di rabbia) Di tutte le cose più ingiuste…( Alice interrompe)
Alice: Scusate! (I tre la vedono e fanno un’enorme riverenza) Volete gentilmente dirmi perché state dipingendo quelle rose?
Giardiniere 2: Perché queste avrebbero dovuto essere rose rosse, invece per sbaglio abbiamo piantato un rosaio di rose bianche.
                            
Giardiniere 5: Se la Regina se ne accorge ci strappa tutti e tre.
Giardiniere 7: Così, signorina, facciamo il possibile per rimediare prima che sia troppo tardi e che la Regina.
Giardiniere 5: Aiuto, vedo il corteo della Regina che si avvicina, presto nascondiamoci.
Alice:  Arrivederci, amici. Auguri! (Anche Alice si mette in disparte. Arriva il corteo della Regina e tutti i soliti componenti, davanti a tutti il Coniglio Bianco con in mano, una tromba e nell’altra una pergamena. Mentre il Re e La regina si siedono al centro sul trono e gli altri compresa la giuria composta da carte, trovano la giusta collocazione, il Coniglio dopo aver dato uno squillo di tromba annuncia)
Coniglio: Udite, udite
Dinanzi alle maestà sovrane
Sarà celebrato un processo
Chi ha sbagliato pagherà
Chi non ha sbagliato è bravo.
Re: Usciere leggete il capo d’accusa.
Coniglio: “La Regina di Cuori
fece fare le torte in tutto un dì d’estate:
Tristo, il fante di cuori
Di nascosto le torte ha trafugate!”
Re: Giurati, comunicate il vostro verdetto!
Coniglio: Non ancora, non ancora! Vi sono molte cose da fare prima!
Regina: Chiamate il primo testimone.
Coniglio: Primo testimone, il Cappellaio.
Cappellaio: (esce dalla porta della sua casa, con una tazza di tè in mano ed una fetta di pane imburrato) Domando perdono alle Maestà vostre, se vengo con le mani impedite, ma non avevo ancora finito di prendere il tè, quando sono stato chiamato.
Re: Qui si manca di rispetto alle nostre persone. Dammi quella tazza!
Cappellaio: E’ mia Maestà: il tè è zuccherato a dovere, infuso al punto giusto e me lo bevo alla vostra salute!
Re: Va bene, ma fate presto e cavatevi il cappello
Cappellaio: Non è mio.
Regina: Allora è rubato? I giurati annotino le dichiarazioni del teste.
Cappellaio: Non ne ho di miei, sono cappellaio. Li tengo per vendere.
Regina: (la regina inforca gli occhiali e con aria e tono truce dice) Va bene! Narraci quello che sai!
Cappellaio: A dir la verità io non so niente.
Re: Come niente, e noi che ti abbiamo chiamato a fare.
Cappellaio: Non so!
Regina: Vuoi forse prenderci in giro?
Cappellaio: Sono qui fermo, come farei!
Re: Allora andate.
Regina:…E tagliategli la testa. (Ma il Cappellaio è già andato via)
Re: A proposito di testa, che entri un altro teste.
Coniglio: Il prossimo teste è la cuoca della Duchessa.
Cuoca: Prego, ex cuoca della Duchessa.
Re: Che cosa sai?
Cuoca: Niente (il re guarda il Coniglio)
Coniglio: Maestà, fatele delle domande.
Re: Se debbo farle io, le farò. (Guarda profondamente la cuoca poi esclama) Di che cosa sono composte le torte?
                                    




Cuoca: Di pepe per la maggior parte.
Topo: Di melassa…(esclama il Topo che è dietro di lei)
Regina: Afferrate quel Topo! Tagliategli il capo! Fuori quel Topo! Pizzicatelo, tagliateli i baffi! (Nella confusione che ne segue, la Cuoca se ne va, il Topo scappa e ritorna l’ordine)
Coniglio: La testimone è sparita.
Re: Non importa! Chiamate l’altro testimone (rivolto alla Regina) Mia cara, l’altro teste dovrai esaminarlo tu, a me duole il capo.
Alice: (rivolta alla Duchessa) Come faranno a condannare quel Fante di Cuori, per ora non hanno nessuna prova.
Duchessa: Stai zitta! Queste cose non si devono dire. (Intanto il Coniglio sta esaminando la lista dei testi)
Coniglio: Chiamo a deporre… Alice!
Alice: Presente! (Nell’emozione e nella foga di presentarsi, rovescia nel passare le carte dei giurati) Oh, vi prego di scusarmi!
Re:  Il processo non può andare avanti se tutte le carte non saranno al proprio posto. (Anche Alice si da fare a raccogliere le carte che ha buttato in terra)  Che cosa sai di quest’affare?
Alice: Niente
Re: Proprio niente?
Alice: Proprio niente!
Re: (rivolto ai giurati) E’ molto significante (Il Re guarda un libricino e dice volgendosi ai giurati) Ponderate il vostro verdetto.
Regina: Che verdetto, prima la sentenza e poi il verdetto.
Alice: Che stupidità! Avere la sentenza prima del verdetto.
Regina: Taci tu!
Alice: Macché tacere!
Regina: Ti farò tagliare la testa.
Alice: Tu non puoi fare nulla sei solo una carta, La regina di cuori!
Regina: Guardie prendetela. Presto.
Tutte le carte si muovono e rincorrono Alice. Nel frattempo la luce si abbassa e si sente la voce del narratore, mentre si chiude il sipario.
Narratore: Alice corse e corse, mentre le carte le volavano dietro, pronte ad afferrarla: le erano vicine, tanto che la bimba ne prese alcune. Quando le strinse tra le mani, si accorse di avere, invece delle temutissime guardie, alcune foglie.
Oh, ma allora aveva sognato! Il libro che stava leggendo era sul prato, il fiume scorreva tranquillo e Alice, in un’ora di sonno, aveva vissuto tutta la favola.